LA TRAGEDIA DI GENOVA: DOLORE, RABBIA E IMPOTENZA

Iniziano così alcune testate di giornali: “il bilancio è salito a 37 morti, tra loro anche un bambino di 8 anni e due adolescenti di 12 e 13 anni; 16 il numero dei feriti ricoverati negli ospedali”.

Una vigilia di ferragosto come tante altre, e tante persone che oggi erano felici e spensierate. Chissà  quale era la loro meta: famiglie che si recavano in vacanza, chi al lavoro, altri che tornavano dopo un turno pesante, o chi semplicemente passava di li come ogni giorno. Poi… un attimo e l’eternità insieme, il tempo della paura e la fine di tutti i sogni, la fine di tutto.

Di loro rimarranno delle foto  e saranno solo un doloroso ricordo nella mente dei loro cari perché la vita si è fermata il 14 Agosto 2018 per un il crollo di un ponte che si è sbriciolato come un castello di sabbia, un precipizio nel nulla, un incubo senza senso e senza spiegazioni.

Foto agghiaccianti, immagini  potenti più delle parole, più forti di tutto.

La morte fa rabbia, la morte è un’ingiustizia.  La morte ti fa entrare in contatto con la tua morte e con la tua fragilità, con  l’impotenza e  con la debolezza.

Si parla di colpe, di responsabilità, di cose che andavano fatte, di se e di ma, emerge forte il bisogno di esternare tanta rabbia ed aggressività contro qualcuno che si ritiene più o meno responsabile, ma  non basterà nessun processo per dare un senso a tutto questo , né per alleviare il dolore di familiari ed amici. Perché non ci si abitua mai alle tragedie, alla morte.

Eppure, nel tunnel buio della morte gradualmente  si accende un lume che conduce ad un’uscita di sicurezza che la speranza, o magari anche la fede,  è capace di destare nell’uomo. E’ un percorso che porta a dare un senso alla vita che continua, ti cambia, non sei più lo stesso, ma continua.

È così che il bisogno di silenzio e di  riflessione aiuta a comprendere quanto la  vita sia preziosa e piena di un senso  che solo la consapevolezza della morte può darle,  insegnando ad accettarla con i suoi rovesci e a valutare le cose secondo la dovuta misura assegnando loro il giusto posto.