RICOMINCIO DA ME: L’AUTOSTIMA

Che cosa significa accettare se stessi ?

Accettarsi vuol dire in estrema sintesi sentirsi bene per quello che si è, con i pregi e i difetti che ci caratterizzano, imparando a godere del momento (qui  e ora, hic et nunc come dicevano i latini…).

autostima 3Che cosa rende spesso difficile accettare se stessi, al punto da individuare aspetti di noi che vorremmo annullare o  rifiutare?

In effetti i bambini molto piccoli non hanno problemi di autostima o di accettazione di se: si piacciono e credono nelle loro capacità, almeno fino a quando gli adulti non fanno notare loro che qualcosa non va bene, che devono fare di più o diversamente.

I giudizi e le critiche vengono espresse solitamente con due modalità: una più costruttiva che porta il bambino a seguire la propria strada, aiutandolo ad affrontare le difficoltà  per potersi migliorare, un’altra di tipo invece “distruttivo” che induce il bambino a credere di essere inadeguato.

Su questo giocano sicuramente un ruolo importante le aspettative dei genitori verso i figli: ogni genitore vorrebbe non solo che il figlio fosse  “perfetto”, ma anche che diventasse ciò che lui ha idealizzato fin da quando ha iniziato a pensarlo, a desiderarlo, perciò molto prima della sua nascita. Quando ciò non avviene, o perlomeno non del tutto, capita che inizino i giudizi negativi su quegli atteggiamenti  del bambino che non corrispondono al proprio immaginario.

Poi con la scuola materna iniziano i primi confronti con i coetanei  e si inizia a sperimentare la vergogna.

La vergogna è un sentimento che fa sentire la persona” difettosa”, che non va bene così com’è. E’ una delle emozioni più devastanti  che deriva  dalle critiche interiorizzate nel tempo  e dalla convinzione di non essere “abbastanza…”, e che per esserlo sia necessario fare sempre di più.

A lungo andare tutte queste sensazioni  di inadeguatezza possono indurre a credere che, per quanto ci si sforzi, non è mai abbastanza né abbastanza fatto bene.

Ciò può generare una costante paura di sbagliare: l’insicurezza  interiorizzata ed i vissuti emotivi possono diventare un forte ostacolo nel momento in cui vogliamo sperimentare qualcosa di nuovo, in quanto iniziano a farsi largo quelle voci…. “Tanto non ce la posso fare, tanto non ci riesco… “ e quando la persona si  convince a tentare inevitabilmente attiva dei meccanismi che boicottano la prova, quasi a confermare i dubbi iniziali…

La criticità opposta si può avere invece quando si manifesta  la tendenza alla sopravvalutazione di sé, che porta il bambino a credersi onnipotente: al contrario della situazione precedente tutto gli è permesso, tutto ciò che fa è giusto e nulla viene corretto.

Portate agli estremi, queste condizioni possono rendere molto difficile  avere un rapporto con l’altro se non di comando, perché chi si sente onnipotente non ha bisogno di crescere, né di ascoltare: imparare richiede una posizione di ascolto e di umiltà, a lui sconosciuta.

Entrambe queste modalità si ripercuotono  inevitabilmente nelle sfera personale ( lavorativa, sentimentale, sociale e familiare) generando forti disagi a volte incomprensibili razionalmente.

Esiste un livello di autostima ideale?

Il “livello ideale” di autostima si ha quando  si raggiunge un equilibrio tra le nostre effettive qualità, positive e negative, quando i nostri pregi e i nostri difetti diventano nostre caratteristiche, quando accettiamo il fatto che quanto abbiamo raggiunto è frutto delle nostre capacità, mentre quanto non è stato fatto, oltre che un nostro limite, potrebbe semplicemente non essere stato una nostra priorità.

Tutte le nostre qualità dovrebbero essere prima di tutto scoperte, per poi essere coltivate e diventare un punto di forza.

Credo inoltre che le nostre caratteristiche negative ci servano e ci aiutino a difenderci  da quello che non ci piace e da quello che non vogliamo essere, ma anche  da quello che gli altri desiderano per noi e che invece non ci appartiene.

Quindi, i nostri “difetti” ci possono essere d’aiuto e ci difendono inconsciamente da cose che percepiamo come “sgradevoli”.

L’obiettivo finale di una buona accettazione e una discreta autostima si sviluppa quindi attraverso un lavoro interiore, che consenta di riconoscere ed accettare la nostra persona con le proprie caratteristiche, i propri punti di forza,  le proprie debolezze e fragilità, con l’obiettivo di continuare ad ascoltare e soddisfare i propri bisogni, desideri, emozioni ed aspettative, imparando a volerci bene “anche così”.